di Luisa Baldinetti e Alessandra Premoli
Direzione d’orchestra Camilla Sabbadin
Regia e messa in scena Luisa Baldinetti e Alessandra Premoli
Disegno dal vivo GASP!
Sara Fanin soprano
Alessandro Paccagnella baritono
Jacopo Pesiri tenore
Askàr Lashkin baritono
Erica Zulikha Benato mezzosoprano
Arlene Miatto Albeldas mezzosoprano
Stavros Mantis baritono
Paoletta Marrocu soprano
Elena Sofia Orsini
Caterina Costa
Giacomo Traini
Orchestra Giovanile Filarmonici Friulani
Coordinamento musicale CORA Silvano Zabeo
Coordinamento tecnico CORA Piero “Brecchia” Chinello e Julo Giacon
durata: 80 minuti ca. senza intervallo
Pa… Pa… Pa?
1) D’ora innanzi sarai mia?
2) Se tu brami che lo sia!
1) Quindi sei il mio tesoretto?
2): Altresì tu il mio sposetto!
Insieme: Grande gaudio quantomai! Se gli Dèi porranno mente d’affiancarci lautamente… bambini cari,
vispi assai!
Prima un piccino Papageno!
Poi una piccina Papagena!
Immensamente esulteremo se molte molti Papageni benediranno i genitor!
Questa o quella per me pari sono
A quant’altri intorno, d’intorno mi vedo
Del mio core l’impero non cedo
Meglio ad una che ad altra beltà
La costoro avvenenza è quel don
Di che il fato ne infiora la vita
S’oggi questa mi torna gradita
Forse un’altra, forse un’altra doman lo sarà
Un’altra, forse un’altra doman lo sarà
La constanza, tiranna del core
Detestiamo qual morbo, quel morbo crudele
Sol chi vuole si serbi fedele
Non v’ha amor, no, se non v’è libertà
De’ mariti il geloso furore
Degli amanti le smanie derido
Anco d’Argo i cent’occhi disfido
Se mi punge, se mi punge una qualche beltà
Se mi punge una qualche beltà
Non più andrai, farfallone amoroso,
notte e giorno d’intorno girando;
delle belle turbando il riposo
Narcisetto, Adoncino d’amor.
Non più avrai questi bei pennacchini,
quel cappello leggero e galante,
quella chioma, quell’aria brillante,
quel vermiglio donnesco color.
Tra guerrieri, poffar Bacco!
Gran mustacchi, stretto sacco.
Schioppo in spalla, sciabla al fianco,
collo dritto, muso franco,
un gran casco, o un gran turbante,
molto onor, poco contante!
Ed invece del fandango,
una marcia per il fango.
Per montagne, per valloni,
con le nevi ed i sollioni.
Al concerto di tromboni,
di bombarde, di cannoni,
che le palle in tutti i tuoni
all’orecchio fan fischiar.
Cherubino alla vittoria:
alla gloria militar!
L’amore è un uccello ribelle
che nessuno potrà mai addomesticare,
ed è davvero inutile chiamarlo,
se lui preferisce fuggire.
Niente lo smuove: né minaccia né preghiera,
un uomo mi parla, l’altro tace;
ed è l’altro che io preferisco:
non dice nulla, ma mi piace.
Credevi di poterlo catturare
ma con un colpo d’ali è volato via
l’amore è lontano: tu puoi aspettarlo;
non l’aspetti più, eccolo là!
Tutto intorno a te, veloce veloce,
viene, se ne va, poi torna
tu credi di averlo, lui ti evita,
tu credi di fuggirlo, lui ti prende.
L’amore è un piccolo zingaro…
non rispetta leggi:
Se tu non mi ami, io ti amo;
se io ti amo, stai attento a te!
“Bella notte, notte d’amore
sorridi alla nostra ebbrezza
notte più dolce del giorno
bella notte d’amore
Il tempo scappa e non ritorna
si porta via le nostre tenerezze
le allontana da questi giorni felici
il tempo scappa e non ritorna
Zefiri ardenti
regalateci le vostre carezze
zefiri ardenti
dateci i vostri baci
i vostri baci i vostri baci! Ah!
Bella notte, notte d’amore
sorridi alla nostra ebbrezza
notte più dolce del giorno
bella notte d’amore
sorridi alla nostra ebbrezza
notte d’amore notte d’amore”.
Cara sposa, amante cara,
Dove sei?
Deh! ritorna a’ pianti miei!
Del vostr’Erebo sull’ara
Colla face del mio sdegno
lo vi sfido, o spirti rei.
Una furtiva lagrima
Negli occhi suoi spuntò
Quelle festose giovani
Invidiar sembrò
Che più cercando io vo
Che più cercando io vo
M’ama, ah si, m’ama
Lo vedo, lo vedo!
Un solo istante i palpiti
Del suo bel cor sentir
I miei sospir confondere
Per poco a suoi sospir
I palpiti, i palpiti sentir
Confondere i miei co’suoi sospir
Cielo, si può morir!
Di più non chiedo, non chiedo
Oh cielo, si può, si può morir!
Di più non chiedo, non chiedo
Si può morir
Si può morir d’amor
La calunnia è un venticello,
un’auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente,
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s’introduce destramente,
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo,
prende forza
a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d’orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un’esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l’aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte a crepar.
Una donna a quindici anni
Dèe saper ogni gran moda,
Dove il diavolo ha la coda,
Cosa è bene e mal cos’è.
Dèe saper le maliziette
Che innamorano gli amanti,
Finger riso, finger pianti,
Inventar i bei perché.
Dèe in un momento
Dar retta a cento;
Colle pupille
Parlar con mille;
Dar speme a tutti,
Sien belli o brutti;
Saper nascondersi
Senza confondersi;
Senza arrossire
Saper mentire;
E, qual regina
Dall’alto soglio,
Col «posso e voglio»
Farsi ubbidir.
(fra sé)
Par ch’abbian gusto
Di tal dottrina.
Viva Despina
Che sa servir!
Madamina, il catalogo è questo
Delle belle che amò il padron mio;
un catalogo egli è che ho fatt’io;
Osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta;
In Almagna duecento e trentuna;
Cento in Francia, in Turchia novantuna;
Ma in Ispagna son già mille e tre.
V’han fra queste contadine,
Cameriere, cittadine,
V’han contesse, baronesse,
Marchesine, principesse.
E v’han donne d’ogni grado,
D’ogni forma, d’ogni età.
Nella bionda egli ha l’usanza
Di lodar la gentilezza,
Nella bruna la costanza,
Nella bianca la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
Vuol d’estate la magrotta;
È la grande maestosa,
La piccina e ognor vezzosa.
Delle vecchie fa conquista
Pel piacer di porle in lista;
Sua passion predominante
È la giovin principiante.
Non si picca – se sia ricca,
Se sia brutta, se sia bella;
Purché porti la gonnella,
Voi sapete quel che fa.
Non so più cosa son, cosa faccio,
or di foco, ora sono di ghiaccio,
ogni donna cangiar di colore,
ogni donna mi fa palpitar.
Solo ai nomi d’amor, di diletto,
mi si turba, mi s’altera il petto
e a parlare mi sforza d’amore
un desio ch’io non posso spiegar.
Parlo d’amor vegliando,
parlo d’amor sognando,
all’acque, all’ombre, ai monti,
ai fiori, all’erbe, ai fonti,
all’eco, all’aria, ai venti,
che il suon de’ vani accenti
portano via con sé.
E se non ho chi mi oda,
parlo d’amor con me.
Dove sono i bei momenti
di dolcezza e di piacer,
dove andaro i giuramenti
di quel labbro menzogner?
Perché mai se in pianti e in pene
per me tutto si cangiò,
la memoria di quel bene
dal mio sen non trapassò?
Ah! Se almen la mia costanza
nel languire amando ognor,
mi portasse una speranza
di cangiar l’ingrato cor.
Nella testa ho un campanello che suonando fa DIN DIN!
Nella testa ho un gran martello, mi percuote e fa TAC TAC!.
Sono come una cornacchia, che spennata fa CRA CRA!
Come scoppio di cannone, la mia testa fa BUM BUM!.
Va sossopra il mio cervello,
Sbalordito in tanti imbrogli;
Qual vascel fra l’onde e i scogli
Io sto presso a naufragar!